Quanti Denti Ha Un Delfino?
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Struttura fisica – Il delfino è un vertebrato appartenente alla classe dei mammiferi, Ha un corpo affusolato, per nuotare velocemente, e usa la pinna caudale come organo motore. La sua testa contiene un organo particolare e voluminoso, utilizzato per l’orientamento e per la ricerca del cibo.
In molte specie le mandibole sono allungate e formano un becco, o rostro, distintivo; per alcune specie, come il tursiope, la bocca assume una curva con un’espressione simile a un sorriso permanente. I denti dei delfini sono molto numerosi: possono arrivare fino a 250. Il cervello del delfino è grande e possiede una corteccia molto complessa, paragonabile a quello umano.
il Delfino. Storia di un Sognatore
La loro colorazione di base consiste in gradazioni di grigio con il lato del ventre bianco, spesso combinato con linee e macchie di tonalità differenti. La maggior parte degli odontoceti nuota rapidamente. Le specie più piccole occasionalmente riescono a cavalcare le onde e i delfini sono spesso visti affiancare le navi e “accompagnarle”, nuotando in superficie.
Come sono fatti i denti dei delfini?
Delfini e balene avevano denti da mammiferi Washington, 25 febbraio 2013 – I denti dei delfini e delle balene si sono evoluti da una forma “complessa ” a una “semplice”. Lo ha scoperto uno studio condotto da Brooke Armfield dell’Università della Florida pubblicato sulla rivista PeerJ.
- La maggior parte dei mammiferi ha quattro tipi di denti, ognuno forgiato per specifici obiettivi : incisivi, canini, premolari e molari.
- Non tutti i delfini posseggono i denti ma quelli che li hanno – come la stenella maculata pantropicale (Stenella attenuata) – hanno una dentatura semplice fatta di denti a spillo quasi uguali tra loro, una sorta di riga dentata utilizzata per afferrare la preda ma non per masticare.
Il team di ricercatori statunitensi ha analizzato gli originali denti di balene e delfini comparando l’analisi di antichi fossili alle osservazioni dell’evoluzione della dentatura negli embrioni. I reperti fossili hanno dimostrato che quarantotto milioni di anni fa questi animali possedevano le quattro tipologie di denti tipiche dei mammiferi.
Denti che, a poco a poco, sono diventati più semplici e hanno acquisito la caratteristica morfologia “a riga ” circa trenta milioni di anni fa, molto dopo l’acquisizione degli adattamenti che hanno permesso ai delfini, evoluti da mammiferi terrestri, di vivere in acqua. Dietro il passaggio dei denti alla forma “semplice” si nasconde un cambiamento molecolare delle proteine BMP4 e FGF8,
Stando ai risultati, a svolgere un ruolo nella conformazione e semplificazione dei denti della stenella maculata pantropicale è stata in particolare la BMP4. Per contatti con la nostra redazione: Iscriviti alla community per ricevere ogni giorno la newsletter con le notizie dall’Italia e dal mondo : Delfini e balene avevano denti da mammiferi
Qual è l’animale che ha più denti del mondo?
Sebbene le prime specie che vengono in mente siano grandi e minacciose quando si parla di questo argomento, la verità è che l’ animale con più denti è più piccolo di quanto sembri. È il pesce gatto (ordine Siluriformes) e ha ben 9280 denti.
Perché i delfini sono intelligenti?
GLI ANIMALI PIÙ INTELLIGENTI AL MONDO – Nella classifica degli animali più intelligenti al mondo, il delfino appare al terzo posto, dopo lo scimpanzé (numero uno) e il maiale (secondo classificato). L’altissimo livello dell’intelligenza del delfino dipende proprio dalle sue alte capacità comunicative e quindi dall’ efficacia del suo linguaggio,
Perché il delfino non è un pesce?
Cerchiamo di spiegare il perché un delfino sia un mammifero e non un pesce, Questo perché sono ancora in molti a non conoscere questa differenza e c’è ne accorgiamo durante le nostre conferenze. Un errore non fatto solamente da bambini ma anche da adulti.
Il delfino è un cetaceo come la balena o l’orca, Sebbene la forma assomigli vagamente a quella di uno squalo, questo mammifero marino è imparentato più con l’uomo che con i pesci. I pesci sono apparsi sulla terra circa 500 milioni di anni fa.100 milioni di anni dopo, alcuni di loro sviluppano degli arti e pian piano escono dall’acqua.
Poi 50 milioni di anni fa, l’antenato comune dei cetacei, chiamati archeoceti, ripartì alla conquista degli oceani. In tutti i pesci, la pinna caudale è in posizione dritta. Lo agitano da destra a sinistra per spingersi in acqua. Le pinne pettorali fungono da timone.
Nel delfino, la pinna caudale è posizionata diversamente, è orizzontale. Lo muove su e giù per muovers i. A differenza dei pesci, i delfini devono risalire regolarmente in superficie per respirare. È un bisogno vitale per lui poiché il suo respiro dipende da esso. Come tutti i mammiferi, il delfino respira attraverso i polmoni e non attraverso le branchie.
Rinnova il suo ossigeno in superficie respirando da piccolo foro situato nella parte superiore della testa. I pesci hanno invece le branchie che permettono di estrarre l’ossigeno direttamente dall’acqua. Come tutti i mammiferi, il delfino è un omeoterma (animale a sangue caldo).
- La temperatura del suo corpo è differente dalla temperatura dell’ambiente che lo circonda.
- Quindi non importa se l’acqua è fredda o calda, la manterrà stabile.
- I pesci sono invece ectotermi, o animali a sangue freddo.
- La loro temperatura interna varia in base a quella dell’acqua.
- Questo è il motivo per cui troviamo specie di pesci in alcuni luoghi e non in altri.
L’acqua troppo fredda o troppo calda può ucciderli. Come tutti i cetacei, il delfino è viviparo. Porta il suo cucciolo nel suo utero e lo alimenta attraverso un cordone ombelicale e poi con il suo seno alla nascita. Al contrario, la maggior parte dei pesci è ovipara ovvero depongono le uova.
Quanti denti ha un serpente?
Non tutti i serpenti hanno lo stesso numero di denti. In serpenti non velenosi, come ad esempio le anaconde e i pitoni il serpente può avere fino a 50 denti. Nel caso di serpenti velenosi invece, come ad esempio i cobra, questi solitamente hanno due denti. PUBBLICATA Punti 171 Valutazione Alcuni serpenti sono quasi sprovvisti di denti, invece altri ne hanno in grande quantità. I denti non vengono usati per masticare o lacerare la carne della preda, ma vengono usati per trattenerla. La maggior parte dei serpenti ha denti molto acuminati rivolti indietro. PUBBLICATA Punti 7 Valutazione
Quanti denti anno gli ippopotami?
Caratteristiche – Cranio di ippopotamo L’ippopotamo ha una lunghezza testa-corpo da 3,30 a 3,75 m ed è alto al garrese 1,50 m; il peso va da 1,4 a 3 t (i maschi sono nettamente più grossi delle femmine), ma alcuni esemplari particolarmente grandi possono raggiungere i 3500-4500 kg.
Si registra una pressione mascellare di circa 77 kg/cm² (1095,2psi) e una pressione complessiva del morso pari a quasi 800 kg forza (8000 N). L’ippopotamo ha un aspetto tozzo: le zampe sono corte, la testa è grande e prominente, proporzionata al grosso corpo glabro e di forma cilindrica. Nonostante la mole e la curiosa struttura corporea, questo animale è però piuttosto agile.
In caso di necessità può caricare – o scappare – a circa 40 km/h, Quando esce dall’acqua, sa inerpicarsi facilmente anche su sponde ripide con l’aiuto delle pur corte zampe. La sua goffa andatura è la conseguenza di un adattamento improntato alla vita acquatica.
- La conformazione della testa è perfetta per consentire all’ippopotamo di restare immerso a lungo: i grandi occhi, le narici e le orecchie, piccole e mobili, sono situati nella parte superiore del muso e si trovano sullo stesso piano (spesso restano le sole parti visibili).
- Quando si immerge, le narici e le orecchie si chiudono.
La pelle dell’ippopotamo è quasi glabra: i soli peli che possiede sono le vibrisse (peli tattili), che ricoprono il largo muso, e i peli rigidi sulla punta della coda. L’ippopotamo fa parte dell’ordine degli artiodattili, cioè degli ungulati che hanno un numero pari di dita.
Le zampe terminano con 4 dita di dimensioni uguali; gli zoccoli somigliano più a delle unghie. Per nuotare, l’ippopotamo utilizza le zampe. Osservandolo muoversi sott’acqua, per esempio nelle sorgenti Mzima del Parco nazionale Tsavo, in Kenya, dove l’acqua è straordinariamente trasparente, si direbbe che stia volando.
La sua densità corporea è di poco superiore a quella dell’acqua, per questo cammina delicatamente sul fondo come se saltellasse. Gli adulti hanno da 36 a 40 denti, perché gli incisivi possono variare da 4 a 6. I canini sono a crescita continua e possono raggiungere i 50 centimetri di lunghezza per 3 chilogrammi di peso nel maschio e un chilogrammo nella femmina.
- Aguzzi e taglienti, spuntano verso l’esterno come le zanne, costituendo un’arma temibile.
- Il primo molare, presente nella dentizione di latte, non viene mai rimpiazzato da un dente definitivo.
- Può quindi restare a lungo in bocca all’animale poiché nessun altro dente lo fa cadere per sostituirlo.
- A causa della loro gigantesca mole e della forza sbalorditiva gli ippopotami sono considerati come alcuni tra i più pericolosi animali della Terra.
In Africa essi vengono visti come più pericolosi addirittura dei leoni. L’ippopotamo perde molta acqua per evaporazione. Si è calcolato che la sua pelle lascia evaporare, su una superficie di 5 centimetri quadrati, 12 milligrammi di acqua in dieci minuti, cioè da tre a cinque volte la quantità che si disperde nell’uomo.
- L’abbondante traspirazione dipende dal fatto che lo strato corneo protettivo è molto sottile, e per di più esso manca di ghiandole sebacee che possano secernere materie grasse per isolare l’animale dai raggi solari.
- In compenso, la pelle è provvista di ghiandole cutanee che producono un liquido vischioso e alcalino, contenente molti sali minerali, che con la luce prende riflessi rossi, dando l’impressione che il corpo dell’animale trasudi sangue.
Questa secrezione, che fa da schermo contro la disidratazione quando l’ippopotamo si trova fuori dell’acqua, probabilmente ha anche una funzione cicatrizzante.
Quanti cervelli ha un delfino?
Salta al contenuto Il cervello dei Delfini è da sempre considerato uno dei più complessi e di dimensioni in proporzione maggiori rispetto al resto del corpo, con dimensioni paragonabili a quelli di una scimmia antropomorfa. Rispetto a quello umano il cervello dei delfini è anch’esso composto da due emisferi, ma con una minore componente di corteccia.
- Dei due emisferi almeno uno, in alternanza, rimane sempre sveglio, permettendo la respirazione, in questi animali solo volontaria.
- Tale sviluppo e complessità del cervello è da molti scienziati valutato come sinonimo di intelligenza e grandi potenzialità, anche di linguaggio, mentre per altri tali caratteristiche permettono loro solo la capacità di svolgere curiose attività motorie, tipo il “camminare” all’indietro sull’acqua utilizzando la coda come perno.
Un’ulteriore caratteristica del cervello dei delfini è l’assenza di una replicazione dei neuroni, molto simile a quella che avviene in quello umano, ove invece ogni tentativo di riparazione è supportato dalla neuroplasticità, cioè la capacità di assumere caratteristiche e funzioni di altre cellule neuronali, solo limitatamente caratterizzata da replicazioni cellulari.
Una recente ricerca, svolta dal Gruppo di Ricerca del prof. Luca Bonfanti del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO) con sede ad Orbassano, focalizzata sull’importanza dello studiare il cervello dei delfino per meglio capire la plasticità neuronale (e l’evoluzione) umana, è stata pubblicata sulla Rivista Brain Structure and Function,
Leggiamo il Comunicato Stampa relativo a tale ricerca: La neurogenesi è legata all’esistenza della funzione olfattiva: lo hanno dimostrato i ricercatori del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi-Università di Torino con un lavoro di 4 anni sui delfini, che non hanno olfatto,
- Da circa due decenni sappiamo che alcune aree del cervello dei Mammiferi (uomo compreso) sono in grado di generare nuovi neuroni anche nell’individuo adulto.
- Nel corso degli anni, lo sforzo congiunto di numerosi laboratori ha cercato di sfruttare questa “neurogenesi adulta” per riparare i danni cerebrali, ma i processi riparativi e rigenerativi sembrano scomparsi dal nostro cervello a causa di scelte evolutive.
Da tempo si ipotizza che la plasticità neurogenica sia legata esclusivamente a funzioni fisiologiche, come la memoria, l’apprendimento e la capacità di adattarsi all’ambiente. Nei topi e nei ratti (animali da laboratorio) la zona cerebrale più attiva sotto questo profilo fornisce nuovi neuroni al bulbo olfattivo: l’area cerebrale che percepisce gli odori e che pertanto è legata alla sopravvivenza dell’animale (ricerca del cibo, percezione dei predatori e sfera riproduttiva).
Nell’uomo, in cui l’olfatto è diventato meno importante per la sopravvivenza, questa regione è meno attiva e da alcuni considerata “vestigiale”. Per risolvere l’enigma, il gruppo di ricerca del prof. Luca Bonfanti del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO, con sede a Orbassano, Torino) ha deciso di studiare la stessa regione cerebrale nei delfini, sapendo che questi mammiferi acquatici non hanno olfatto (lo hanno perso 40 milioni di anni fa, sostituendolo con l’eco-localizzazione).
In un lavoro durato 4 anni, interamente realizzato al NICO e grazie al dottorato in Scienze Veterinarie dell’Università di Torino, sono state analizzate 12.000 fettine di cervello appartenente a 10 delfini (neonati e adulti). I risultati, pubblicati sulla rivista Brain Structure & Function, confermano che la regione esiste, ma non produce neuroni (fenomeno mai osservato in altre specie animali).
- L’assenza di neurogenesi adulta nei delfini (in realtà mancante già dalla nascita) dimostra che il fenomeno è indissolubilmente legato all’esistenza della funzione olfattiva.
- Ma la persistenza di un residuo vestigiale della regione originaria (l’antenato dei delfini attuali era un mammifero terrestre anch’esso dotato di olfatto, poi passato all’ambiente acquatico) indica una progressiva perdita delle capacità neurogeniche nel corso dell’evoluzione, confermando la tendenza ipotizzata nell’uomo.
« Questi risultati – afferma il coordinatore della ricerca Luca Bonfanti del NICO – non escludono che la ricerca possa riuscire, un giorno, a modulare a scopo terapeutico i residui di attività neurogenica rimanenti nell’uomo, e chiariscono un dubbio che ha assillato per decenni i neuroscienziati: perché la neurogenesi diminuisce in specie longeve e con cervello grande, come la nostra! ».
Cosa spaventa i delfini?
I delfini si curano la pelle con coralli e spugne – Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile Scelgono coralli e spugne che contengono sostanze biologicamente attive e hanno utili proprietà biofunzionali Quando una persona ha un’eruzione cutanea, può andare dal medico e farsi prescrivere un unguento da applicare.
Anche i delfini tursiopi indo-pacifici ( Tursiops aduncus ) hanno problemi alla pelle, ma ottengono sollievo sfregandosi contro alcuni coralli e spugne. A rivelarlo è lo “Evidence that Indo-Pacific bottlenose dolphins self-medicate with invertebrates in coral reefs” pubblicato su iScience da un team di ricercatori tedeschi, svizzeri ed egiziani guidato da Gertrud Morlock della Justus-Liebig-Universität Gießen (JLU), che ha scoperto che «Questi coralli e spugne, contro i quali si sfregano i delfini, contengono sostanze biologicamente attive e hanno utili proprietà biofunzionali.
Questo suggerisce che i delfini possono utilizzare gli invertebrati marini per curare i problemi della pelle». Studi precedenti avevano scoperto che i delfini sono vulnerabili a malattie della pelle come infezioni da poxvirus o malattie fungine come la lobomicosi.
La ricerca è stata supportata da: ministero dell’ambiente egiziano, ranger dela Red Sea National Parks Authority, Sawiris Foundation, Deutschen Forschungsgemeinschaft, TU Berlin, Campus El Gouna, Dolphin Watch Alliance, Orca Dive Club El Gouna sowie sowie an Aqualung e Merck, Darmstadt.13 anni fa, Angela Ziltener, una biologa svizzera dell’Universität Zürich, osservò per la prima volta i delfini sfregarsi contro i coralli nel Mar selezionavano le specie di coralli sulle quali strofinarsi: »Non avevo mai visto prima questo comportamento quando si sfregavano sui coralli prima ed era chiaro che i delfini sapevano esattamente quale corallo volevano usare», dice la Ziltener.
La maggior parte delle ricerche sui delfini viene effettuata dalla superficie dell’acqua, ma la Ziltener è una subacquea e quindi è stata in grado di studiare i delfini più da vicino. Le ci è voluto del tempo per guadagnarsi la fiducia dei delfini, anche perché delfini sono spaventati dalle grandi bolle rilasciate dalle bombole e si sono dovuti abituare ai subacquei.
«Alcuni delfini, come le stenelle dal lungo rostro del Mar Rosso dell’Egitto meridionale, sono più timide quando si tratta di bolle d’aria», spiega la biologa svizzera. Quando i delfini hanno permesso al team della Ziltener di avvicinarsi loro regolarmente, gli scienziati sono stati in grado di identificare ed esaminare i coralli e le spugne contro i quali si sfregano i delfini.
Alla JLU evidenziano che «I ricercatori hanno scoperto che lo sfregamento ripetuto dei coralli causa la fuoriuscita di muco dai minuscoli polipi che compongono la comunità dei coralli». Alcuni delfini strappano persino il corallo di cuoio dal fondale marino, lo tengono in bocca e lo agitano fino a quando non fuoriesce una sostanza gialla e verde che macchia il loro muso e il loro corpo.
- Per comprendere le proprietà di questo muco, il team di ricerca ne ha raccolto dei campioni.
- Quando la Morlock, chimica analitica e scienziata alimentare alla JLU Giessen, e il suo team hanno campionato e analizzato la gorgonia Rumphella aggregata, il corallo di cuoio Sarcophyton sp,
- E la spugna Ircinia sp.
, hanno trovato 17 sostanze biologicamente attive con proprietà antimicrobiche, antiossidanti, ormonali e tossiche. La scoperta di questi composti biologicamente attivi ha portato il team a ipotizzare che «Il muco di corallo e spugna serva a regolare il microbioma della pelle dei delfini e a curare o prevenire l’infezione» e la Morlock aggiunge che «Lo sfregamento ripetuto fa sì che le sostanze biologicamente attive nei coralli e nelle spugne entrino in contatto con la pelle dei delfini».
Le barriere coralline dove si trovano questi coralli sono siti importanti per le popolazioni di delfini locali. La Ziltener ricorda che «Molte persone non sanno che queste barriere coralline sono luoghi in cui dormono i delfini, ma anche aree di gioco. Tra un sonnellino e l’altro, i delfini spesso si svegliano per strofinarsi contro il corallo.
E’ quasi come se si lavassero e si ripulissero prima di andare a dormire o alzarsi per iniziare la giornata». Nel complesso, il raduno dei delfini per auto-curarsi è pacifico e i cetacei non combattono tra loro per strofinarsi contro i coralli e le spugne.
«Non è che si stiano combattendo per il turno – ha detto la Ziltener a Science News – No, aspettano, e poi passano». I ricercatori hanno anche osservato che i delfini adulti insegnano questo comportamento curativo ai cuccioli: quando un branco di 360 delfini ha visitato una barriera corallina del Mar Rosso settentrionale, hanno notato che i cuccioli di età inferiore a un anno guardavano gli adulti che si strofinavano contro i coralli.
Ma i delfini adulti si sfregavano contro gli invertebrati solo in condizioni tranquille e calme. Se nell’area arrivavano delle barche i delfini non utilizzavano i coralli per curarsi. Michael Huffman, un esperto di automedicazione animale dell’università di Kyoto, che non è stato coinvolto nella ricerca, ha commentato: «Ho atteso a lungo uno studio davvero solido sull’automedicazione in una specie animale marina».
E il nuovo studio pone certamente solide basi che andranno rafforzate con ulteriori ricerche per confermare se i delfini si stanno sfregando contro coralli e spugne per curare le infezioni della pelle e il team di ricercatori ha in programma di esaminare in che modo il comportamento di sfregamento dei coralli differisce nei delfini di sesso ed età diversi e quali aree del corpo i delfini si sfiorano di più.
La Ziltener conclude su Popular Science : «Sebbene siano necessari ulteriori studi, la scoperta rivela l’importanza della conservazione dei sistemi della barriera corallina. Finora, con questa pubblicazione, abbiamo potuto solo mostrare il legame tra gli invertebrati e i delfini».
Perché non si mangiano i delfini?
Tossicità I delfini hanno nella loro carne un alto livello di mercurio a causa dell’inquinamento dei mari in cui viene pescato. Per questo ne andrebbe scoraggiato il consumo.
Come fanno i delfini a dormire?
Ma come dormono i delfini, l’Acquario va in tv Come dormono i delfini? Riescono a fermarsi per riposare o continuano a nuotare ininterrottamente? Erika Esposti, addestratrice dell’Acquario di Genova, svela i segreti delle abitudini delfini nella puntata di Geo, la trasmissione di Rai 3 dedicata alla natura, in onda oggi su raitre dalle 16.40.
- Da 8 a 12 ore al giorno.
- E’ il tempo di cui hanno bisogno per riposarsi a seconda dell’età.
- Non aspettatevi di vederli fermi nelle vasche perché i delfini letteralmente non dormono: si limitano a rallentare moltissimo il nuoto, non compiono alcuna attività fisica e fanno riposare metà cervello per volta.
Non a caso riposo si muovono in coppia, guardandosi, per sincronizzare i movimenti, mantenersi vicini, e collaborare nel controllo dell’area intorno per individuare eventuali pericoli durante la fase di relax.Sono i risultati dei ricercatori dell’Acquario che hanno osservato e analizzato i comportamenti dei mammiferi, in particolare dei cuccioli “Anche se non smettono di nuotare nei primi mesi di vita possono dormire persino 12 ore al giorno- spiegano- Poi pian piano si stabilizzano e trovano un nuovo equilibrio, riposano in media 7 ore proprio come gli essere umani”.
Intanto dalle vasche dell’Acquario i riflettori restano accesi su mamma Naù e la piccola delfina nata lo scorso settembre, ancora in attesa di un nome che sarà scelto dai visitatori dell’acquario : davanti alla vasca nursery del Padiglione Cetacei, mentre il piccolo mammifero si riposa, si può votare tra cinque nomi Trilly, Lavinia, Goccia, Stella, Maya,
(In palio 3 tablet iPad Air, regolamento su ) : Ma come dormono i delfini, l’Acquario va in tv
Chi è il predatore del delfino?
Tra i predatori naturali delle varie specie di delfini ci sono le orche e i grandi squali e in alcune aree anche da altri cetacei come le false orche e le focene.
Come sono i denti dei pesci?
da | Giu 19, 2013 | News | Ma tutti i pesci hanno i denti?
Sono come quelli umani o hanno forme e caratteristiche diverse? La dentatura dei pesci varia in base alla specie: alcuni non ne hanno proprio. Si differenziano, inoltre, per forma e disposizione: alcuni li hanno su entrambe le mascelle, altri sul vomere, alcuni sul palato e altri ancora sulle ossa della faringe.
Come si sballano i delfini?
Stupefacente in modo naturale. La loro droga è, infatti, l’aria di un tipo particolare di pesce palla che, se aspirata in piccole quantità, può essere tossica per i nostri amici e procurare qualche momento di trance.
Come si chiama il buco sulla testa dei delfini?
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. In biologia lo sfiatatoio è l’ organo respiratorio dei cetacei con funzione simile alle narici da cui prende origine e con cui è quindi omologo. Si trova all’apice del capo per permettere all’animale di poter meglio respirare quando si trova in superficie.
Come sono fatti i denti delle balene?
Di che cosa sono fatti i denti delle balene? Le balene (Cetacei Misticeti) in realtà non hanno veri e propri denti ma “fanoni”. Si tratta di lamine composte da una sostanza a base di cheratina (proteina filamentosa e molto resistente che li rende piuttosto elastici, ricca di zolfo) e di piccole quantità di un minerale osseo chiamato idrossiapatite, oltre a tracce di manganese, rame, boro, ferro e calcio.
Stecche di balena Questi cetacei li usano come una sorta di filtro per trattenere il cibo ed espellere l’acqua dalla bocca: sono infatti fissati alla mascella superiore e disposti su due file parallele, sono più larghi vicino alle gengive e, secondo le diverse specie, la loro lunghezza varia da 0,5 a 3,5 metri.
I più lunghi appartengono alle cosiddette “balene della Groenlandia”, che possiedono una mascella inferiore molto incurvata e una superiore stretta. In passato è stato fatto largo uso dei fanoni per costruire oggetti di vario genere, come fruste per i carrettieri, aste per gli ombrelli, stecche per irrigidire i corsetti degli abiti femminili.
- Corpo di mille balene!
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2 maggio 2014 : Di che cosa sono fatti i denti delle balene?