Quanti Denti Hanno Gli Squali?
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28 Ago Squalo bianco: 8 curiosità che non sapevi – Posted at 12:42h in Articoli I grandi squali bianchi: 8 curiosità per conoscerlo meglio 1. Superpredatore I grandi bianchi sono definiti superpredatori, ciò significa che sono al vertice della catena alimentare e non temono di essere cacciati. Gli unici predatori (inusuali) dello squalo bianco sono: – Altri squali bianchi – Orche – Capodogli 2. Un singolo morso Con un singolo morso uno squalo bianco può staccare fino a 14kg di carne e un esemplare adulto può consumare cibo fino ad un quinto del proprio peso in un solo pasto.3. Potere sensoriale Grazie alla loro linea laterale (un organo sensibilissimo posto lungo tutto il loro corpo), gli squali possono rilevare una variazione di pressione nell’acqua anche a grande distanza e sanno esattamente cosa nuota intorno a loro ancor prima di vederlo con gli occhi.
5. Gli attacchi Dal 2000 ad inizio 2012 sono stati documentati 66 attacchi “spontanei” all’uomo. Di questi 66, 14 sono stati fatali.6. Infortuni Gli squali bianchi mordono per capire cos’hanno di fronte, ed è questa la spiegazione al relativamente basso rapporto che esiste tra attacchi e vittime.
7. Denti Gli squali bianchi hanno una fila principale di denti formata da 48-50 unità. Dietro questa prima fila, ci sono altre 5 o 7 file pronte a sostituire quelli persi durante la caccia. Un grande bianco, dunque, può avere in bocca fino a 350 denti contemporaneamente e, durante la sua esistenza, può cambiarne diverse migliaia.8.
- Specie vulnerabile I grandi bianchi solcano i nostri oceani da milioni di anni.
- La stupidità umana è riuscita a mettere in pericolo queste fantastiche creature, soprattutto a causa dell’insulsa tradizione asiatica della “zuppa di pinne di squalo”.
- I bianchi, infatti, vengono pescati solo per le loro pinne e per le mandibole, vendute come trofeo.
Il resto del corpo viene buttato via. Una delle più grandi sfide dell’uomo nel 21° secolo è il mantenimento degli ecosistemi. Facciamo in modo di non essere stupidi, diamo una mano a difendere gli oceani e i loro abitanti. Abbiamo solo da guadagnare! Gli squali sono tra le creature più affascinanti della Terra e possono essere avvicinati in modo responsabile ed eco-sostenibile, magari facendo snorkelling o delle immersioni guidate, con persone competenti e in totale sicurezza.
- Qui vi proponiamo 5 destinazioni da sogno per incontrare tête a tête gli squali più emozionanti.
- Enjoy! INFORMAZIONI Dove: nella zona sud di Simonstown, Cape Town, Sudafrica.
- Quando: tutto l’anno.
- Temperatura dell’acqua: è generalmente compresa tra i 20 gradi (nei mesi estivi, corrispondenti ai nostri invernali) e i 10 gradi (nei mesi invernali).
Dunque sono consigliabili una muta semistagna o una umida a più strati, molto calde, con guanti. Cosa si vede: squali bianchi, in gabbia e dalla barca; inoltre, durante altre immersioni costiere, broadnose sevengill shark, foche del Capo, pesci e crostacei tipici delle foreste di kelp.
Come sono fatti i denti di squalo?
denti di squalo 26/03/2010 La caratteristica dentatura dello squalo è costituita da dentelli come quelli che ne costituiscono la pelle, ma più specializzati ed ancorati mediante un tessuto connettivo. I denti, essendo sottoposti a forte usura vengono costantemente sostituiti. : denti di squalo
Quanti sono i denti del coccodrillo?
Nonostante ne abbia in bocca un numero impressionante, tra 60 e 70, il coccodrillo non sa adoperarli. Nel senso che lui con i denti afferra le sue prede, le lacera ma non le mastica: infatti inghiotte i pezzi tutti interi.
Quanti denti ha un elefante?
Lo sapevi che la lunghezza della vita di un elefante dipende dai denti? Abbiamo indagato un po’ ed ecco cosa abbiamo scoperto. È risaputo che l’elefante sia un animale longevo, può vivere infatti oltre 70 anni. Ma la lunghezza della sua vita da cosa dipende, te lo sai mai chiesto? Sembra che un ruolo molto importante sia svolto dai denti: l’elefante consuma in media tra i 180 e i 270 kg di vegetali al giorno e per fare ciò mastica in continuazione con gli unici quattro denti che possiede (due sopra e due sotto).
A quale animale crescono sempre i denti?
Si tratta di un tipo particolare di cellule epiteliali, dette lamina dentaria, responsabili dello sviluppo e della rigenerazione continua dei denti degli squali. Riuscire a comprendere i meccanismi genetici sottesi a questo fenomeno potrebbe portare un giorno anche l’uomo a rigenerare i denti persi – 15 FEB – C’è chi li porta appesi al collo come amuleto tribale e chi li guarda con terrore, retaggio del filone horror da ‘Lo squalo’ a ‘J aws ‘.
Eppure la dentatura dello squalo potrebbe nascondere il segreto per avere in futuro denti sempre nuovi, come quelli appena ‘spuntati’ dopo la permuta dei denti da latte. Lo studio, serissimo, è stato pubblicato su una rivista di biologia, Developmental Biology da un gruppo di ricercatori dell’Università di Sheffield e getta nuova luce sui meccanismi che consentono agli squali di rigenerare i loro denti.
La speranza è appunto quella di sviluppare dei trattamenti che permettano un giorno di far ricrescere i denti anche agli umani edentuli. I ricercatori inglesi hanno individuato un network di geni che consentono agli squali di sviluppare e rigenerare denti nuovi per tutto l’arco della vita.
- Si tratta di un sistema che funziona come il kaiten dei ristoranti giapponesi, un nastro trasportatore che veicola continuamente bocconcini di sushi, rimpiazzati ogni volta che un cliente li asporta.
- Analogamente, attraverso una sorta di cinghia di trasmissione, i denti dello squalo vengono continuamente rimpiazzati ogni volta che l’animale li perde.
E così via per tutta la vita. Insomma, i subacquei sono avvertiti: non c’è da sperare di incontrare uno squalo sdentato! Da tempo i biologi marini avevano osservato che pesci cartilaginei quali squali e razze sviluppano file di denti altamente specializzati, affilate come rasoi, rivolte indietro, con la capacità di rigenerare vita natural durante.
- Quello che non era noto era il meccanismo genetico sotteso a questo fenomeno.
- La ricerca condotta dal team di Gareth Fraser, Department of Animal and Plant Sciences dell’Università di Sheffield ha portato ad individuare come si forma un tipo particolare di cellule epiteliali, dette lamina dentaria, responsabili dello sviluppo e della rigenerazione continua dei denti degli squali.
Anche l’uomo possiede queste cellule deputate alla produzione di denti di ‘ricambio’, ma sono in grado di produrre solo due ordini di denti, quelli decidui (da latte) e quelli permanenti, prima di mettersi a riposo per sempre. I geni che permettono allo squalo di avere denti sempre nuovi, probabilmente sono gli stessi che hanno formato i denti dei primi vertebrati.
Questi ‘geni dei denti’ ancora oggi sono gli stessi responsabili della formazione dei denti di tutti gli esseri viventi, dagli squali ai mammiferi. Nei mammiferi tuttavia e in particolare nell’uomo questa capacità rigenerativa si è andata molto riducendo nel tempo. Analizzando i denti di embrioni di gattuccio spettro (un tipo di squalo) i ricercatori inglesi sono riusciti a caratterizzare l’espressione di questi geni durante i primi stadi di formazione dei denti.
E’ stato così possibile evidenziare che questi geni partecipano sia alla formazione dei primi denti dello squalo, che agli ulteriori episodi di rigenerazione che si verificano nel corso della vita di questi animali. I pattern di espressione di diversi geni appartenenti alle vie di segnale di Hh, Wnt/beta-catenina, Bmp e Fgf risultano molto antichi e sono arrivati a noi, profondamente conservati, attraverso 450 milioni di anni di sviluppo e rigenerazione dei denti. Quotidianosanità.it Quotidiano online d’informazione sanitaria. QS Edizioni srl P.I.12298601001 Via Giacomo Peroni, 400 00131 – Roma Via Vittore Carpaccio, 18 00147 Roma (RM) Direttore responsabile Cesare Fassari Direttore editoriale Francesco Maria Avitto Presidente Ernesto Rodriquez Copyright 2013 © QS Edizioni srl.
Chi è che mangia lo squalo?
SQUALI PREDATORI E PREDATI A quanti mi chiedono come mai tra tanti animali, ho deciso di dedicarmi proprio agli squali, rispondo sempre che non lo so; che è stato un “indirizzo” pressoché naturale, dettato ovviamente dalla mia immensa passione per il mare, che ha avuto come evoluzione, l’interesse dapprima ludico e poi scientifico per i pesci cartilaginei.
Perché proteggere gli squali? Gli Squali e loro predatori “The Jaws” Il Finning Perché diminuisce il numero degli squali Il ruolo degli squali nella catena alimentare
Alcuni anni fa, durante una conferenza, mi venne chiesto il motivo di tante energie spese a protezione degli squali, animali potenzialmente molto pericolosi per l’uomo, rispetto alle attività di salvaguardia di animali assolutamente non pericolosi per l’uomo, come ad esempio il Panda.
Partendo dal presupposto che ogni specie animale ha una sua importanza nei rispettivi ecosistemi, va però evidenziato il diverso “valore biologico” che le varie specie hanno. Gli squali in sintesi, al pari di altri grandi predatori (tigri leoni, orche, falchi etc.), svolgono un ruolo non solo “esistenziale” ma anche fortemente attivo nei loro habitat.
Purtroppo quindi, far estinguere una specie di squalo (ad esempio lo squalo bianco), creerebbe molti più danni alla catena alimentare marina, rispetto all’estinzione, comunque assolutamente deprecabile, di altre specie di minor “valore biologico”. L’alone di terrore che circonda questi animali, rende però ancora molto difficile adoperarsi per la loro salvaguardia: gli squali sono infatti considerati “portatori di morte” e far quindi capire l’importanza della loro presenza risulta ancora un arduo compito.
- L’unico strada percorribile è quella di mostrare la vera natura di questi animali, e cioè il loro “non” interesse alimentare per l’uomo.
- E’ con questo intento che oltre alle mie attività di ricerca sul campo, mi impegno ogni anno in numerose conferenze ove mostro, tramite video da me girati, il “naturale” comportamento che questi animali hanno in acqua, anche di fronte alla loro vera unica minaccia: l’uomo.
Anche se in maniera generica, si può affermare che gli squali, occupando il vertice della catena alimentare, non hanno predatori naturali: uno solo è l'”animale” che minaccia quotidianamente la loro esistenza. L’uomo! Infatti attualmente molte specie di squali subiscono una fortissima “pressione di pesca”, ad opera dell’uomo, che li caccia sia per motivi commerciali, sia per proteggere le coste popolate da bagnanti e surfisti.
- Alcune ricerche hanno dimostrato che la paura per gli squali è una paura atavica, nata insieme all’uomo quando questo ha cominciato ad avere contatto con il mare.
- Questa paura si è però fortemente acuita a partire dagli anni ‘70 quando vennero prodotti una serie di film dall’inequivocabile titolo “Lo Squalo” (The Jaws).
Può sembrare paradossale, ma proprio quella serie di film ha fortemente influenzato l’idea che l’uomo ha di questi pesci: un mostro alla perenne ricerca di preda, che sembra davvero avere un conto in sospeso con l’uomo. Altro grande “flagello” è la pesca commerciale che ha come interesse le pinne di squalo, il cui valore economico è molto alto.
- Queste pinne infatti sono ricercate sul mercato asiatico, in quanto vengono vendute alla ristorazione che le trasforma in costose zuppe dal “teorico” valore afrodisiaco.
- L’enorme pressione di pesca, che fino allo scorso decennio si era concentrato prevalentemente sulle coste delle regioni asiatiche, ultimamente ha cominciato a sconfinare anche in altri paesi, incoraggiata dalle elevate rendite economiche.
Purtroppo questo è un problema culturale, perché risulta davvero difficile far capire a popolazioni povere, che vivono di pesca, che sterminare gli squali può causare un profondo depauperamento dell’ecosistema marino. In seguito quindi alle attività di pesca e al tentativo dell’uomo di “allontanare” gli squali dalle coste (tramite reti che intrappolano fatalmente gli animali), il numero di esemplari stimati è decisamente in decremento.
Infatti risulta ormai evidente (anche facendo immersioni), che il numero di squali è in continua diminuzione e i numeri relativi alla pesca confermano tali ipotesi. Ma perché gli squali riescono a sopportare con maggiori difficoltà la pressione di pesca, rispetto a tante altre specie di pesci ossei? I motivi sono fondamentalmente tre: 1- Elevata età della maturità sessuale: a differenza di gran parte dei pesci ossei, gli squali raggiungono la maturità sessuale dopo molti anni di vita.
La pesca quindi di esemplari subadulti, riduce la presenza di esemplari atti alla riproduzione.2- Elevato tempo di gestazione: il tempo di gestazione sia delle uova (negli squali ovipari), che va dai 3 ai 5 mesi, sia degli embrioni (per gli squali vivipari) che va dai 12 ai 18 mesi, fa si che i tempi riproduttivi si allunghino, a discapito del rapporto nascite/anno.
Questo vuol dire che durante la vita media di una femmina, il numero di parti (deposizioni) non sarà molto elevato, a differenza dei pesci ossei che possono deporre le uova anche più volte in un anno.3- Bassa quantità di giovani nati: ulteriore caratteristica è il basso numero di nati per ogni femmina, all’anno.
Mediamente infatti una femmina di squalo depone molte meno uova (da 5 a 30) in una stagione, rispetto ai pesci ossei (anche diverse migliaia), mentre i piccoli squali partoriti da un esemplare viviparo, sono relativamente pochi (mediamente da 8 a 20).
A tutto ciò la natura ha compensato con altre peculiarità biologiche, come l’elevata età media di vita e la bassa mortalità neonatale, ma tutto ciò non ha previsto l’intromissione negativa delle attività dell’uomo. La natura in tutte le sue forme non è stata mai banale o inutile e nel “dar vita” agli squali ha riservato loro un ruolo molto importante: infatti le numerosissime specie di squali, si sono evolute in circa 430 milioni di anni, mantenendo un ruolo predominante nelle catene alimentari, e cioè quello di equilibratore biologico.
Gli squali hanno quindi il compito di mantenere l’equilibrio numerico tra le popolazioni marine, nutrendosi di parte di esse e di mantenere minimo il rischio di infezioni e di patologie, nutrendosi di animali malati,vecchi e malconci. Quindi diminuire il numero di squali produrrebbe un’evidente squilibrio biologico-ambientale con gravi conseguenze sugli ecosistemi marini.
Che denti ha il leone?
Il leone è carnivoro, la mucca erbivora e l’uomo vegetariano, almeno in origine. Le tre specie hanno un’anatomia molto diversa, legata a queste differenti abitudini alimentari. L’uomo è quello che più si è scostato dall’imprinting iniziale. Ha fatto la scelta giusta o gli conveniva restare vegetariano? Molti gli elementi che sembrano suggerire il “ritorno alle origini” – Lʼ aspettativa di vita dell’uomo si è molto allungata rispetto a un tempo, ma le conseguenze sono una sequela di malattie più o meno invalidanti come arteriosclerosi, ipertensione, insufficienza renale, diabete, infarto, ictus, con cui il malato deve poi convivere per decine di anni.
- È del resto nota da tempo la correlazione tra alimentazione e stato di salute, e le conoscenze attuali orientano verso una dieta vegetariana o, almeno, un’alimentazione in cui sia fortemente ridotto il consumo di cibi di origine animale.
- Diventare vegetariani o addirittura vegani è una scelta differente, ma è necessario cominciare a correggere il tiro.
Esporre alcuni dati di fatto può aiutare a fare scelte alimentari con una consapevolezza orientata in tal senso. Proviamo ad analizzare dal punto di vista anatomico tre “mangiatori” differenti: il leone un carnivoro, la mucca un erbivoro e l’uomo un vegetariano.
Il leone ha grandi canini e piccoli incisivi e un dente particolare (dente ferino) estremamente sviluppato per sbranare le carni. Le ghiandole salivari sono poco sviluppate perché non c’è bisogno di secrezione di ptialina, che serve per la digestione degli amidi. I pezzi di carne vengono inghiottiti quasi interi e digeriti nello stomaco, il cui tessuto ha un notevole spessore, che produce abbondante acido cloridrico e pepsina, l’enzima che digerisce la carne.
Questo stomaco produce anche molto muco superficiale per proteggersi dall’autodigestione. La secrezione acida, associata alla pepsina, permette la digestione delle carni che vengono poi espulse velocemente perché i fenomeni putrefattivi che si creano nell’intestino, che è molto corto, danno origine a sostanze estremamente tossiche, sostanze che devono essere eliminate il prima possibile – motivo questo dell’intestino corto.
Tutti i felini, infatti, hanno l’addome incavato per via della loro scarsa massa intestinale. La mucca, erbivora, ha una dentatura diversa: nella parte anteriore i denti sono sostituiti da gengive molto callose che servono per strappare l’erba, che, ingurgitata intera, passa attraverso l’esofago, il quale si è trasformato parzialmente in rumine, reticolo e omaso.
Qui vengono immagazzinate grandi quantità di erba, poi riportate in bocca e mescolate a enzimi e fermenti che si trovano nel rumine, indi rimasticate per poi passare nell’abomaso (stomaco dei bovini); da qui, attraverso un intestino estremamente lungo, vengono digerite.
Tutti gli erbivori hanno, infatti, un addome voluminoso per la presenza di un intestino lungo venti volte l’animale. L’uomo appartiene all’ordine dei primati antropomorfi che, per natura, sono frugivori, cioè atti a consumare frutti, foglie, semi. Da un punto di vista anatomico, siamo simili alle scimmie antropomorfe, evolutivamente più vicine a noi; queste nostre “cugine” non mangiano carne.
Anche il gorilla, animale molto forte, ha un’alimentazione di questo genere. Una caratteristica basilare che l’uomo ha in comune con le scimmie è la mano con il pollice opponibile, che si è evoluto per permettere la raccolta della frutta. La visione dei colori nell’uomo e nelle scimmie è legata al fatto che entrambi devono potere distinguere tra un frutto maturo e uno acerbo.
- Né carnivori né erbivori hanno analoghe caratteristiche ma presentano invece una visione principalmente in bianco e nero, a causa del ridotto numero di coni, i corpuscoli che permettono la visione a colori.
- Le caratteristiche del carnivoro sono diverse perché ha bisogno di avere una vista particolarmente acuta per cogliere se qualcosa si muove, per via della sua attitudine naturale alla caccia.
L’uomo ha una visione stereoscopica, con la possibilità di percepire la profondità, per riuscire a raccogliere i cibi vegetali di cui necessita. Ha inoltre un gusto particolarmente sviluppato per le essenze e gli aromi, cosa che permette di distinguere una mela da una pesca, un’albicocca o una banana.
Ha un gusto spiccato per l’amaro, per il salato e per il dolce, cosa che i carnivori non hanno e, tanto meno, gli erbivori. La dentatura nell’uomo e nelle scimmie antropomorfe presenta un notevole sviluppo degli incisivi, mentre i canini sono molto ridotti. Inoltre, i premolari e i molari sono atti a svolgere azione di macina, per schiacciare e triturare bene tutti i cibi duri, come i semi o le granaglie.
La masticazione dell’uomo è molto più raffinata rispetto a quella degli altri animali. Il cibo, infatti, viene perfettamente triturato, per essere successivamente deglutito. Per questo motivo l’uomo ha ghiandole salivari molto sviluppate che producono notevoli quantità di ptialina, l’enzima che permette la digestione degli amidi.
Il cibo viene triturato, deglutito e lentamente arriva allo stomaco, che ha una parete più sottile rispetto a quella dei carnivori, con una secrezione acida importante, ma non quanto quella di un felino. La secrezione acida porta alla digestione degli alimenti proteici che vengono poi assorbiti nell’intestino, la cui lunghezza è intermedia tra quella dei carnivori e quella degli erbivori.
Anche da un punto di vista morfologico i carnivori hanno una struttura atta all’offesa, con grandi unghie e notevole forza fisica; sono strutturati per l’agguato ad altri animali, hanno denti molto sviluppati e una mascella che può essere molto spalancata.
- Sono prevalentemente notturni e hanno innato l’istinto della caccia.
- Nell’uomo tutto questo non esiste: non ha unghie forti né denti atti all’offesa, ma rispetto agli altri animali ha l’intelligenza e soprattutto la caratteristica fisica di potersi rifugiare sugli alberi.
- Comprese queste sostanziali differenze anatomiche, affrontiamo il discorso cibo con nuovi occhi.
Oggi l’uomo ha perso tantissime caratteristiche della sua alimentazione “istintiva”. In particolare, ha due grandi “pecche”: la prima è il consumo di grandi quantità di carne (da 18 kg/anno nel 1860 si è passati a 88 kg/anno nel 1999). La seconda è che, contemporaneamente, il consumo di legumi e verdure è diminuito, a favore di cibi privi di fibre.
La carne per essere digerita ha bisogno, come visto nei carnivori, di una notevole secrezione acida e di pepsina. Lo stomaco dell’uomo fa quel che può con sforzo notevole e va incontro ad autoaggressione, con gastriti, duodeniti, ulcere gastriche e duodenali. Se poi si beve alcol, si aggiungono ulteriori fattori irritanti che favoriscono ancora di più le lesioni della mucosa.
Mettiamoci sopra una bella sigaretta e la secrezione acida gastrica aumenta ancora, per poi riversarsi nell’intestino, dove altera il Ph che diviene più acido di quello che dovrebbe, diminuendo perciò la peristalsi. Quando la carne arriva nell’intestino, gli aminoacidi, in gran parte idrolizzati, vengono aggrediti dalla flora batterica che nel consumatore di carne è di tipo putrefattivo più che fermentativo (basta una piccolissima quantità di carne per mantenere questa flora putrefattiva al posto della fermentativa).
L’uomo è privo dell’enzima uricasi, presente negli animali carnivori, necessario per catalizzare l’ossidazione dell’acido urico; nei forti mangiatori di carne, quindi, si può avere iperuricemia (accumulo di acido urico nel sangue) che in molti soggetti porta alla gotta. Il problema però non è soltanto la carne in sé; bisogna capire anche quale carne mangiamo.
La speranza è di nutrirsi di carne “buona” ma spesso l’animale viene allevato ricorrendo ad anabolizzanti, testosterone, estrogeni, antibiotici, miscele alimentari con farine di pesce e animali: questo ci deve far riflettere. Qualcuno ha mai visto in natura bovini che mangino farina di pesce e di carne? Non mangiavano l’erba? La sindrome della mucca pazza si è sviluppata perché l’uomo ha tradito le leggi della natura L’industria agro-alimentare è già poco attenta all’alimentazione umana, figuriamoci quanta attenzione possa rivolgere alla presenza di anticrittogamici nei foraggi.
Tutte queste sostanze, che l’animale ingerisce, vengono successivamente assunte anche da chi si nutre dell’animale stesso. I corticosteroidi, gli anabolizzanti e tutti i farmaci che assume l’animale hanno un effetto diretto sull’uomo, diminuendone le difese e alterando anche l’apparato endocrino, al punto che si vedono, per esempio, maschi con seno sviluppato.
E i cibi raffinati? Nella raffinazione si perdono grandi quantità di vitamine, sali minerali e soprattutto di fibra, che serve a comporre la massa fecale, aiutandone la progressione lungo il colon e la successiva espulsione. Alimentandosi con cibi poveri di fibre e raffinati le feci divengono sempre più ridotte in dimensioni e dure; questo provoca stitichezza e favorisce la diverticolosi del colon perché il colon, nello sforzo di far transitare queste feci, si stressa, dando origine ai diverticoli.
Il rallentamento delle feci nel colon aumenta inoltre i tempi di contatto delle sostanze cancerogene con la mucosa intestinale, aumentando il rischio di tumori. Con l’uso di cereali raffinati privi di vitamine, capita sempre più frequentemente di trovarsi di fronte a soggetti obesi ma carenti di vitamine.
Molte persone potrebbero obiettare che le proteine provengono dalla carne e che in ambito vegetale ne sono presenti poche. Non è così. Nella storia dell’uomo l’avvento del cibo carneo è così recente e innaturale da non aver fatto scattare meccanismi evolutivi in tal senso.
- I nostri molari sono ancora uguali a quelli delle nostre cugine scimmie e il nostro intestino è ancora troppo lungo e poco acido per consentire il transito di carne.
- È ovvio che per praticare un’alimentazione vegetariana adeguata ci vogliono tanti tipi di vegetali; se si mangia solo polenta, è intuitivo che non si raggiunge il giusto apporto di sostanze.
Una dieta equilibrata deve avere un buon apporto di proteine da cereali e da legumi perché nei cereali scarseggia la lisina, aminoacido essenziale, basilare per la crescita, mentre nei legumi è carente il triptofano, anche questo molto importante. Il triptofano, però, è presente nei cereali e la lisina si trova nei legumi quindi, unendo i cereali ai legumi, il gioco è fatto.
Chi può uccidere uno squalo?
Ecco cosa succede quando le orche assassine attaccano uno squalo bianco, in un video pazzesco GeoStock Getty Images Il grande squalo bianco è, e lo sappiamo un po’ tutti, uno dei predatori più formidabili e temibili della Terra: caccia foche, pesci di tutte le dimensioni e ha caratteristiche uniche per potenza, precisione, fiuto e astuzia. Si tratta di un animale solitario, enorme (il più grande in assoluto tra gli squali) e che, tra le altre cose, non dorme mai.
Eppure il grande squalo bianco può anche rimanere vittima di altri predatori. Il primo pensiero, per molti di noi, è che l’unico altro animale capace di cacciare il grande squalo bianco sia l’uomo. Ma non è così: l’orca può cacciare e uccidere il grande squalo bianco, soprattutto con i suoi classici metodi di caccia in gruppo.
In inglese le orche si chiamano anche “killer whales” proprio perché sono capaci di uccidere e nutrirsi di altri grandi animali marini, compresi cetacei come le balene. Ma vedere il grande squalo bianco essere cacciato da un branco di orche è comunque una rarità, una scena che si vede una volta sola nella vita, e soltanto se si è particolarmente fortunati.
- A largo delle coste del Sud Africa, però, tutto può succedere: sono acque mitiche, le cui correnti sono colme di cetacei in cui il mare ospita esemplari meravigliosi, spesso di passaggio, di quei giganti che migrano e si muovono verso l’Oceania o verso le coste dell’Africa del nord.
- Ed è qui che Donavan Smith, guida turistica esperta che si trovava a largo di Knysna, a più di 300 chilometri da Città del Capo, insieme a un gruppo di turisti, ha potuto osservare e filmare la scena.
Lo squalo è stato già morso, la pinna dorsale staccata dalle fauci delle orche, e queste ultime che sfrecciano veloci circondando lo squalo e impedendogli di fuggire. Sembra un film. This content is imported from Instagram. You may be able to find the same content in another format, or you may be able to find more information, at their web site.
Per alcuni potrebbe essere una scena crudele, persino raccapricciante, ma la verità è che è meravigliosa, la natura sa stupire, anche nell’epoca dei satelliti e dell’esplorazione dell’atomo, delle dinamiche più microscopiche e filosofiche della struttura della materia. Vedendo una scena di caccia del genere è impossibile non rendersi conto che si è anche noi animali, che là fuori c’è chi è più forte e potente di noi, che siamo vulnerabili, piccoli, una dei tanti milioni di specie presenti tra aria, terra e acque che compongono questo mondo che pensiamo sia nostro.
I turisti non tanto, ma Donavan di quanto speciale sia lo spettacolo a cui sta assistendo. E lo dice, ripete ai turisti che accompagna che “questa è roba speciale, rara”, che non si vede tutti i giorni. E ha ragione. GeoStock Getty Images : Ecco cosa succede quando le orche assassine attaccano uno squalo bianco, in un video pazzesco
Chi è più forte l’orca o lo squalo?
L’ orca è indiscutibilmente superiore allo squalo bianco in uno scontro tra le due specie. L’ orca è il delfino di maggiori dimensioni e ha una lunghezza massima di 9,8 metri e media di circa 6 metri, mentre lo squalo bianco ha una lunghezza massima di 6,6 metri e media di 3,5 metri.