Retainer Denti A Cosa Serve?

Retainer Denti A Cosa Serve
Page 2 – da: Dott. Massimo Galletti Alla fine del trattamento ortodontico attivo le apparecchiature fisse vengono rimosse, i denti sono allineati e vengono consegnati al paziente i dispositivi di contenzione ( RETAINER ). Dopo la rimozione dell’ apparecchio fisso, i denti possono velocemente spostarsi e disallinearsi.

  • E’ pertanto necessario mantenerli nella nuova posizione di allineamento per dare il tempo necessario alle gengive ed all’ osso delle mascelle di consolidarsi.
  • Ciò si ottiene con l’uso di Retainer fissi e/o rimovibili per un tempo indefinito.
  • Con il passare degli anni, inoltre, sia negli adulti che negli adolescenti le mascelle continuano a modificarsi ed i denti si spostano in quello che è un fisiologico processo di maturazione.

Questo di verifica anche dopo trattamento ortodontico, per cui raccomandiamo un uso indefinito dei retainer. Dopo circa 12 mesi se ne può ridurre progressivamente l’uso, ma ne raccomandiamo il proseguimento occasionale anche a lungo termine per mantenere il tuo risultato ortodontico.

I retainer sono essenziali per mantenere i denti nella loro nuova posizione e i pazienti si devono impegnare a indossare questi dispositivi indefinitamente per mantenere la stabilità del loro risultato ortodontico. Ci sono 2 tipi di retainer, rimovibili o fissi. Il tuo ortodontista deciderà quali di questi dispositivi sia per te adatto.

Al paziente viene di solito chiesto di indossare i retainer la notte per il primo anno, per poi passare ad un regime a notti alterne che ha una durata indefinita. PER QUANTO TEMPO SI DEVE INDOSSARE IL RETAINER? Nonostante ci impegnamo a controllare il paziente durante i primi 12 mesi di contenzione, questa prosegue indefinitamente.

Noi raccomandiamo di continuare un uso occasionale del retainer di notte, da proseguire da proseguire finchè si vogliono i denti allineati. Ciò perchè gli studi dimostrano che i denti si spostano e si disallineano anche dopo la correzione ortodontica. I denti tendono a muoversi 5, 10 e anche 20 anni dopo il tr ortontico, specialmente i frontali inferiori.

Ciò avviene anche in soggetti senza denti del giudizio, anche se in modo minore. Continuare ad indossare i retainer la notte a tempo indeterminato previene lo spostamento, Se invece si decide di abbndonarne l’ uso i denti potrebbero spostarsi. Questa si chiama recidiva e non comporta un ritorno alla situazione di prima del trattamento ortodontico, ma potrebbe guastare un bel risultato.

  1. TRASCURARE QUESTE SEMPLICI REGOLE PORTERA’ AD UNO SPOSTAMENTO DEI DENTI.
  2. 4) Se hai problemi con il retainer contatta lo studio immediatamente, non aspettare il prossimo appuntamento : questa va considerata una emergenza e se non indossi il retainer i denti recidiverranno.

3) Se il retainer sfrega sulle gengive o le labbra, puoi levigare il margine con una limetta per unghie o delle forbicine. CURA DEL RETAINER 1) Pulisci il retainer con un vecchio spazzolino e un sapone liquido delicato. Non usare acqua bollente, dentifricio o candeggina.

  • Occasionalmente possono essere immersi in una soluzione preparato con una pastiglia effervescente,2) Assicurati che i denti siano perfettamente puliti prima di indossare il retainer.
  • Puoi immergerlo in un colluttrio al fluoro per aiutare a proteggere i denti.3) Tratta i retainer con cura : sono fragili e se si rompono non è semplice rimpiazzarli.

Quando non li indossi tienili sempre nella scatolina rigida. Se li avvolgi in un fazzoletto di carta o li metti in tasca si possono perdere o rompere. Per maggiori info su questo articolo oppure sull’uso dei retainer in ortodonzia Ti invitiamo a !

A cosa serve retainer?

Un retainer è un dispositivo per stabilizzare nel tempo la posizione dei denti dopo un trattamento ortodontico.

Quanto costa un retainer?

Quanto costa un apparecchio di contenzione? – In Italia il prezzo degli apparecchi di contenzione ortodontica varia tra 130 € e 200 €, Si tratta di prezzi di riferimento che cambiano in base alla clinica, al professionista, dove si trova, ecc.

Cosa succede se si stacca il retainer?

Domanda di Ortodonzia – Risposte pubblicate: 11 Scritto da Alessandro / Pubblicato il 13-03-2011 Avevo un dubbio in merito all’apparecchio di contenzione che il mio dentista mi ha messo. Premetto: ho fatto terapia ortodontica per 2 anni e dopo mi è stato messo un filo di acciaio di contenzione sugli incisivi inferiori: ormai è da 2 anni che lo porto.

Ho sempre fatto le visite regolari e l’ultima è stata circa un mese fa dove il mio dentista mi ha sistemato la colla che lega il filo ai denti. Devo dire che secondo me nel corso degli anni ci sono stati lievi movimenti dei denti anche se legati dal filo; tuttavia il mio dentista mi ha sempre detto che con il retainer (è così che si chiama il filo?) i denti non possono muoversi.

Tuttavia ho notato da qualche giorno che si è creato un micro diastema fra l’incisivo centrale e quello di destra (ovviamente si vede pochissimo e solamente da una determinata angolazione). Tuttavia mi chiedo se è normale che anche con il retainer ci siano delle sorte di micro movimenti di “assestamento” dei denti e se questi piccoli movimenti non pregiudichino il positivo risultato della terapia ortodontica.

  • Grazie a chi mi vorrà rispondere Pubblicato il 14-03-2011 Caro Signor Alessandro, non è altro che un apparecchio di contenzione rimovibile in resina e metallo che serve come dice la parola stessa a contenere i denti per impedire che si muovano.
  • Abbia pazienza ma queste sono informazioni ed istruzioni che DEVE averle per forza dato il suo dentista.

È impensabile che non lo abbia fatto. Quindi chieda a lui. O non vi parlate? Cordialmente Gustavo Petti, Parodontologia, Implantologia, Gnatologia e Riabilitazione Orale Completa in Casi Clinici Complessi ed Ortodonzia e Pedodonzia la figlia Claudia Petti, in Cagliari.

  • CONTINUA A LEGGERE Pubblicato il 14-03-2011 Quello che può essere facilmente successo è che quel dente che si è mosso, si è staccato (impercettibilmente) dal retainer.
  • Cioè la colla o il cemento lì ha ceduto e quindi il dente non si è più trovato sotto il vincolo del retainer e si è spostato.
  • E’ un incidente non infrequente.

Rimedio: per piccoli spostamenti come questo, le mascherine trasparenti, di mille marche diverse (ce ne è una famosa, ma tutti le fanno bene ugualmente), che può rimettere in linea quel dente. CONTINUA A LEGGERE Scritto da Dott. Paolo Passaretti Civitanova Marche (MC) Pubblicato il 14-03-2011 Sig.

  1. Alessandro, i denti in natura possiedono un’articolazione (Gonfosi) e dovrebbero essere liberi di muoversi, penso che di questo ne sia stato informato prima di accedere alla cura ortodontica.
  2. Bloccarli dopo trattamento ortodontico è una forzatura a un equilibrio non raggiunto.
  3. Chieda al suo odontoiatra quando sarà rimossa la contenzione? E il perchè dopo la rimozione, i denti non dovrebbero essere liberi di muoversi ? Ottenute le risposte, capirà che non sempre in tutti i casi è possibile ottenere un equilibrio stabile e che si dovranno accettare gli spostamenti che madre natura riterrà più opportuni.

CONTINUA A LEGGERE Scritto da Dott. Diego Ruffoni Mozzo (BG) Carnate (MB) Pubblicato il 14-03-2011 Gentile Sig. Alessandro, è possibile che il dente si sia staccato dal retainer. Se ha dei dubbi contatti il suo dentista per farselo riattaccare. Cordiali saluti Scritto da Dott.

Massimo Tabasso Savigliano (CN) Pubblicato il 14-03-2011 Ci sono due possibili ipotesi: la prima è che un dente si sia staccato dal retainer, e che quindi sia libero di spostarsi, la seconda è considerare che il filo del retainer offre una resistenza alla flessione di poche decine di grammi (max 15-20 grammi).

Se un dente riceve sollecitazioni più pesanti, si flette il filo del retainer e il dente si sposta ugualmente. Ma sono teorie. Si rechi dal suo dentista e si faccia controllare. Cordiali saluti. Scritto da Dott. Davide Colla Seregno (MB) Pubblicato il 14-03-2011 Gentile sig.

  • Alessandro, dato che l’osso periodicamente si rinnova e che è presente una memoria cerebrale circa la posizione dei denti in arcata, è più che normale che i denti si “muovano” impercettibilmente dopo trattamento ortodontico.
  • Il punto è aver superato il problema che ha posto in essere l’apparecchio ortodontico.

Questo vuol dire che un assestamento è del tutto normale; d’altra parte i movimenti sono segno di vitalità dell’intero apparato stomatognatico, le torsioni nei materiali che si verificano lo indicano con abbondanza. L’apparecchio va portato per un tempo sufficiente a a stabilizzare l’apposizione ossea e la relativa distruzione intorno al dente.

  • Bisogna vedere quindi se il tempo utilizzato è stato sufficiente.
  • Cordiali saluti CONTINUA A LEGGERE Scritto da Dott.ssa Maria Grazia Di Palermo Carini (PA) Pubblicato il 14-03-2011 Caro Alessandro, per rispondere con perizia al tuo quesito bisognerebbe conoscere esattamente il tipo di ritenzione e, cmq, se per tanti anni ti sei fidato del tuo dentista, perchè non parlargliene? Cordiali saluti Scritto da Dott.

Aldo Santomauro Palermo (PA) Pubblicato il 15-03-2011 Caro Alessandro, se, noi ortodontisti, riuscissimo a raggiungere una perfetta occlusione in tutti i nostri pazienti, ciò che include anche la stabilità, non avremmo neanche bisogno di stabilizzare, ed il mantenimento sarebbe superfluo.

Purtroppo è molto difficile raggiungere questo primario obiettivo e dobbiamo ripiegare su mantenere la posizione raggiunta perchè abbastanza soddisfacente. Non c’è però nessun meccanismo sicuro e completamente scevro di inconvenienti Ne consegue la possibilità di recidive. Ed il possibile ritrattamento.

Cordialmente CONTINUA A LEGGERE Scritto da Dott. Edmondo Spagnoli Lecco (LC) Pubblicato il 20-03-2011 Il dente si può sempre spostare sia che resti “legato” al retainer sia ( a maggior ragione) se si è staccato dalla contenzione. Scritto da Dott. Giuseppe Barassi Torremaggiore (FG) Pubblicato il 30-03-2011 Caro Alessandro se il composito si è staccato dal retainer o dal dente esso può essersi mosso altrimenti no.

  1. Il retainer è il mezzo di contenzione assolutamente migliore per stabilizzare i denti distinti saluti Scritto da Dott.
  2. Domenico Aiello Catanzaro (CZ) Pubblicato il 05-04-2011 Abitualmente, il filo linguale (“retainer”) da canino a canino o da premolare a premolare è un ottimo mezzo di stabilizzazione del gruppo anteriore (seppure non “granitico”: qualche minimo movimento può verificarsi).

Attenzione ai distacchi (che a volte sono inapparenti, perchè il composito, insieme al filo conglobato, rimane appoggiato alla superficie del dente ed inganna): in questo caso lo spostamento è immediato. Scritto da Dott. Fausto Fumi Trieste (TS)

A cosa serve l’apparecchio di mantenimento?

Cos’è un apparecchio di mantenimento? Retainer Denti A Cosa Serve Un apparecchio di mantenimento o contenzione è un apparecchio che cerca di “mantenere” l’allineamento dei denti raggiunto alla fine del trattamento ortodontico. Gli apparecchi di mantenimento possono essere fissi, solitamente “incollati” dietro la superficie dei denti, o rimovibili.

  • Gli apparecchi rimovibili possono essere a loro volta delle mascherine trasparenti che avvolgono la superficie dei denti o altri tipi di apparecchi ortodontici.
  • Sebbene non esista un consenso unanime sulla durata di utilizzo degli apparecchi di mantenimento, i protocolli più accreditati consigliano di mantenere questi apparecchi, soprattutto quelli inferiori, il più a lungo possibile.
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Per quanto riguarda gli apparecchi rimovibili, è indicato indossarli almeno di notte per i primi anni dopo il trattamento ortodontico, dopodichè è possibile ridurre gradualmente il loro utilizzo ( Littlewood et al., 2016 ).Senza gli apparecchi di mantenimento, i denti potrebbero tornare nella loro posizione iniziale.

Quanto va tenuto l’apparecchio di mantenimento?

Per quanto tempo portare la contenzione – È bene sapere che la fase di contenzione non ha breve durata, in ogni caso il tempo per cui il paziente dovrà portare questo tipo di apparecchio viene stabilito dall’ortodontista in base alla situazione di partenza e alla presenza di eventuali abitudini viziate che possono incidere sul mantenimento del risultato.

  1. In linea generale la fase di contenzione dura almeno 2 o 3 anni durante i quali il paziente dovrà recarsi a periodiche visite di controllo per valutare la situazione,
  2. Inoltre sarebbe opportuno continuare queste visite di controllo, ogni 6 o 12 mesi, anche alla fine della fase di contenzione così da poter riscontrare subito eventuali piccoli movimenti e correggerli semplicemente rimettendo l’apparecchio di contenzione.

Ricordiamo che nel caso in cui i denti tornino ad essere storti dopo una terapia ortodontica l’unico modo per allinearli nuovamente è mettere l’ apparecchio fisso, perché in caso di recidiva ortodontica le apparecchiature di contenzione non servono a nulla.

Quanto dura l’apparecchio di contenzione?

Una raccomandazione comune è l’utilizzo a tempo pieno per circa 12 mesi e l’utilizzo notturno negli anni successivi. Ogni paziente è diverso, tuttavia, e il medico deve riconoscere i fattori di rischio di una recidiva significativa, come menzionato sopra.

Chi decide la contenzione?

Dalla chiusura dei manicomi (legge 180) sono spariti gli unici riferimenti normativi all’unica tipologia di contenzione regolamentata nel nostro ordinamento: la contenzione fisica o meccanica (limitata al settore psichiatrico). Nel silenzio della legge è stata la giurisprudenza a delineare i principi giuridici e le condizioni di liceità e di illeceità.

  1. E da molti anni la deontologia di alcune professioni sanitarie si è fatta carico di regolamentare o, più precisamente, di indicare alcuni principi sulla contenzione con accenti e toni diversi.
  2. Quindi, come stanno le cose? – 05 MAG – E’ possibile, è lecito, è corretto “legare” un malato? Sono leciti i mezzi di contenzione? E’ possibile chiudere un reparto di degenza – o dotarlo di sistemi di ritenuta di porte e finestre – per impedire a chi è dentro di uscire? E’ lecito trattenere un paziente non competent per evitare che esca? E’ possibile contenere un paziente che minaccia di dislocarsi un device salvavita? E’ possibile sedare un paziente agitato, violento e che pone in essere atteggiamenti auto e eteroaggressivi? Stiamo parlando della delicata materia della contenzione che agita, giustamente, gli animi e le coscienze di tutti coloro che sono a contatto diretto con una grande parte di persone assistite che vengono sottoposte a una qualche misura di contenzione.

Cerchiamo di fare ordine nella materia Per contenzione, in generale, si intende la “restrizione intenzionale dei movimenti o del comportamento volontario del soggetto”. Si distinguono diverse tipologie di contenzione: manuale, fisica o meccanica, farmacologica, e ambientale, tutte caratterizzate dalla finalità, appunto, di ridurre la libertà di movimento e di azione della persona.

  1. Per contenzione manuale si intendono le attività mirate a immobilizzare il paziente (il corpo o parte del corpo della persona).
  2. È stata definita anche “contenzione umana”, laddove per umana si intende l’utilizzo del corpo di chi applica la contenzione.
  3. Per contenzione fisica o meccanica si intende la messa in atto di procedure, mezzi e dispositivi applicati al corpo della persona o nello spazio circostante atti a limitare la libertà di movimento.

Rientrano quindi nei sistemi di contenzione fisica (detta anche meccanica) i mezzi applicati direttamente sul paziente a letto come le fasce e cinture, le spondine, oppure applicati nelle carrozzine. Si intendono altresì i mezzi di contenzione per segmento corporeo (cavigliere, polsiere ecc.), i mezzi che obbligano a determinate posture, le cinture pelviche, i divaricatori inguinali.

  1. La contenzione meccanica può essere operata anche con dispositivi medicali per finalità terapeutiche (es.
  2. Apparecchio gessato).
  3. Per contenzione farmacologica si intende la somministrazione di medicinali con la finalità di modificare il comportamento della persona e di limitarne i movimenti e i comportamenti.

E’ di difficile definizione, in realtà, in quanto non possiamo farla coincidere con ogni tipo di sedazione. Per contenzione ambientale si intendono le misure consistenti in sistemi di ritenuta di porte e finestre al dichiarato fine di evitare l’uscita incontrollata dalle strutture.

  • Dalle definizioni sopra riportate si comprende come la contenzione, intesa nella sua accezione più completa, riguardi un gran numero di luoghidi cura: sala operatoria, terapie intensive, psichiatria, reparti di degenza, residenze sanitarie, assistenza domiciliare ecc.
  • Non ci occuperemo della “contenzione relazionale” in quanto non è da considerarsi contenzione quanto piuttosto una serie di attività per prevenire la contenzione vera e propria.

Il silenzio della legge Dalla chiusura dei manicomi operata con la legge 180/1978 sono spariti gli unici riferimenti normativi all’unica tipologia di contenzione regolamentata nel nostro ordinamento: la contenzione fisica o meccanica (limitata al settore psichiatrico).

  1. Nella sostanza la normativa manicomiale prevedeva la contenzione – come evento eccezionale da utilizzarsi solo dietro “autorizzazione scritta del direttore o del medico dell’istituto” con indicata la natura e la durata dei mezzi di “coercizione” (sinonimo di contenzione).
  2. Dal 1978 anche questa limitata previsione normativa (inteso come riferimento a una sola tipologia di contenzione) è scomparsa dall’ordinamento.

I riferimenti normativi oggi sono dati dagli articoli della Costituzione che realizzano l’autodeterminazione (art.2), il diritto all’inviolabilità della libertà personale (art.13) e il diritto alla salute e alla dignità (art.32). Nella legislazione ordinaria vengono in rilievo le elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziali che originano dal II comma dell’articolo 40 del codice penale in tema di posizione di garanzia e protezione.

Nella legislazione ordinaria rimane, invero, l’articolo 41 dell’ordinamento penitenziario (legge 354/75) che dedica uno specifico articolo che disciplina l’utilizzo della forza fisica – che in quel contesto potremmo definire di contenzione manuale – e dell’utilizzo dei mezzi di “coercizione” all’esclusivo fine di “evitare danni a persone o cose o di garantire la incolumità dello stesso soggetto”.

La finalità, in questo caso, è comunque più ampia e analogicamente inapplicabile in quanto l’utilizzo della forza e della contenzione si propone lo scopo di impedire tentativi di evasione o di vincere la resistenza a ordini. Fuori dall’ambito sanitario un obbligo di contenzione è previsto dall’articolo 172 del codice della strada nei confronti di conducenti e passeggeri di autovetture che non interessa il presente contesto.

Il ruolo della giurisprudenza Nel silenzio della legge è stata la giurisprudenza a delineare i principi giuridici e le condizioni di liceità e di illeceità dell’utilizzo dei mezzi di contenzione. La giurisprudenza si è occupata, pressoché esclusivamente, della contenzione fisica/meccanica e dopo una serie di pronunce della giurisprudenza di merito recentemente la Cassazione decidendo sul caso di Franco Mastrogiovanni (V sezione, sentenza 20 giugno 2018, n.50497)– paziente ricoverato in un reparto di psichiatria ospedaliero e contenuto per 87 ore continuative – ha fissato i paletti sull’utilizzo dei mezzi di contenzione meccanica che sintetizziamo.

Secondo la Cassazione la contenzione non è un “atto medico” (in quanto non cura) ed essendo un presidio di restrizione della libertà personale ha una mera funzione cautelare. La liceità dell’uso dei mezzi contenitivi viene – dai Supremi giudici – scriminata (giustificata) solo nelle ipotesi previste dall’articolo 54 del codice penale che recita testualmente: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

  • Gli elementi portanti dello stato di necessità sono quindi: a) il pericolo attuale di un danno grave alla persona; b) le inevitabilità altrimenti del pericolo; c) la proporzionalità del fatto.
  • Il pericolo attuale deve essere riscontrato in modo “puntuale e dettagliato” e non è ammissibile una contenzione preventiva.

“L’inevitabilità altrimenti del pericolo” deve essere valutata in relazione a strumenti alternativi alla contenzione e la “proporzionalità del fatto” è relativa all’applicazione di presidi contenitivi rapportati alla prevenzione e alle cautele che si intendono adottare.

  • Per l’approfondimento della sentenza Mastrogiovanni si rimanda a un precedente contributo,
  • La supplenza della deontologia Da molti anni la deontologia di alcune professioni sanitarie si è fatta carico di regolamentare o, più precisamente, di indicare alcuni principi sulla contenzione con accenti e toni diversi.

In seguito alla recente approvazione del nuovo Codice deontologico delle professioni infermieristiche si è aperta una discussione sull’opportunità che tale materia costituisca parte integrante del codice deontologico (mi riferisco ai contributi di Mislej et al, di Gostinelli e, con accenti diversi, della Cgil Fp,

Notiamo, in primo luogo, che la deontologia di alcune professioni si occupa da molto tempo della contenzione con diverse impostazioni in realtà. Le professioni che, a oggi, hanno articoli sulla contenzione sono ben quattro: i fisioterapisti, i medici, gli educatori professionali e gli infermieri. L’ordine seguito è relativo alla data di emanazione del codice, ma i primi a inserirla in un loro codice sono stati gli infermieri.

Il codice deontologico dei fisioterapisti (Aifi, 2011) dedica l’articolo 43 alla contenzione, rubricandolo proprio come tale: Art.28 Contenzione. “La contenzione è una pratica clinica eccezionale che deve salvaguardare il rispetto della dignità e della libertà della persona.

Nel caso di persone incapaci, ancorché non sottoposte a misure di sostegno giuridico, la contenzione deve proporsi l’obiettivo di tutelare la salute della persona e non può essere mezzo vicariante le carenze assistenziali dell’organizzazione”. Il codice di deontologia medica (Fnomceo, 2014) dedica l’articolo 32, ultimo comma alla contenzione: Art.32 u.c.

Doveri del medico nei confronti dei soggetti fragili. “Il medico prescrive e attua misure e trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali nei soli casi e per la durata connessi a documentate necessità cliniche, nel rispetto della dignità e della sicurezza della persona”.

Gli Educatori professionali nel loro codice (Anep, 2015) intervengono, nella sezione dedicata alla “Responsabilità nei confronti dell’utente” all’articolo 2 (la numerazione di questo codice è decisamente anomala e di non facile citazione) con il seguente articolo: Art.2. “Non deve utilizzare tecniche che risultino di costrizione o manipolative.

Soltanto nell’ambito di una programmazione interdisciplinare, può intervenire con autorevolezza e determinazione laddove l’azione della persona è auto/etero lesiva, ricorrendo a metodi e tecniche d’intervento che non danneggino la dignità dell’utente”.

In questo caso il termine usato è “costrizione”, ma dal contenuto del secondo comma è da considerarsi sinonimo di contenzione. Interviene anche il nuovo codice deontologico delle professioni infermieristiche (Fnopi, 2019) dedicando l’articolo 35 alla contenzione a rubricandolo come tale: Art 35. Contenzione.

“L’Infermiere riconosce che la contenzione non è atto terapeutico. Essa ha esclusivamente carattere cautelare di natura eccezionale e temporanea; può essere attuata dall’equipe o, in caso di urgenza indifferibile, anche dal solo Infermiere se ricorrono i presupposti dello stato di necessità, per tutelare la sicurezza della persona assistita, delle altre persone e degli operatori.

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La contenzione deve comunque essere motivata e annotata nella documentazione clinico assistenziale, deve essere temporanea e monitorata nel corso del tempo per verificare se permangono le condizioni che ne hanno giustificato l’attuazione e se ha inciso negativamente sulle condizioni di salute della persona assistita”.

I quattro codici risentono del tempo in cui sono stati emanati. Necessita quindi di un restyling il codice dei fisioterapisti – dopo la sentenza della Cassazione non può si può più affermare che la contenzione tutela la salute della persona -, necessita di un profondo ripensamento, sempre per lo stesso motivo, il codice di deontologia medica che prevede la liceità della contenzione ancorandola alla “prescrizione medica” – se non ha natura terapeutica non può essere prescritta (prescrizione che deve essere conservata, come vedremo, solo per la contenzione farmacologica per normative inerenti alla legislazione riguardante i medicinali), e estende l’indicazione codicistica anche alla contenzione farmacologica e ambientale.

Sottolineiamo: dal codice dei medici emerge l’impostazione di una contenzione come atto medico prescrittivo che il medico deve prescrivere e attuare. Generico – decisamente a maggior natura più squisitamente deontologica – risulta essere il codice degli Educatori e che non pare necessiti di aggiornamenti (pur essendo stato emanato prima della sentenza della Cassazione del 2018).

Il recentissimo codice deontologico della Fnopi risulta in linea con gli indirizzi dati dalla Cassazione relativo ai principi e ai comportamenti relativi allo stretto perimetro della liceità dei mezzi di contenzione fisica/meccanica. Non entra nel merito della contenzione manuale, di quella farmacologica (nel codice del 1999 vi era un riferimento) e di quella ambientale.

E’ bene però ricordare che la ricordata sentenza Mastrogiovanni – che ha determinato la condanna per medici e infermieri per il grave reato di sequestro di persona ex art.605 cp – citando il codice deontologico Ipasvi 2009 nella parte in cui indicava che l’infermiere si doveva “adopera(re)” per affinché la contenzione fosse evento straordinario “sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali” è stata la base proprio per la condanna degli infermieri che avevano, a detta dei Supremi giudici, un “obbligo giuridico autonomo” diverso dal medico e in virtù proprio del disposto deontologico avevano l’obbligo di “sottrarsi” alla contenzione.

Un articolo che conferiva autonomia e non certo obbligo. Difficile sostenere che non servisse in un codice deontologico che è la sede dell’autonomia professionale per eccellenza e che si propone il fine di contemperare i doveri istituzionali con la salvaguardia della integrità fisica degli assistiti.

Sulla natura professionale e deontologica della contenzione Per paradossale che possa sembrare la decisione sulla contenzione e la decisione di porla in essere è soprattutto materia deontologica – non a caso è presente in codici di quattro diverse professioni – e professionali. La contenzione realizzata con esclusive finalità cautelari – nello stretto perimetro dello stato di necessità – attiene direttamente all’esercizio e al concetto professionale di presa in carico.

Prendere in carico un paziente significa, tra l’altro, garantirne la sua sicurezza e la sua integrità fisica. La presa in carico ha la sua correlativa a trasposizione nella giuridica “posizione di garanzia e protezione” che ha lo scopo di preservare “determinati beni giuridici” da tutti i pericoli che possono minacciarne l’integrità.

Trattenere un paziente confuso in un reparto con una contenzione manuale attuata con “brevis et modica vis” (Corte di cassazione, sentenza 119/1998) attiene alla presa in carico e ai contenuti obbligatori di questa; impedire la violenta dislocazione di un device (catetere vescicale, tubo endotracheale, drenaggio toracico solo a titolo esemplificativo) tramite una contenzione fisica/meccanica attiene alla presa in carico in un classico rapporto di proporzionalità; impedire l’allontanamento dal reparto di un paziente confuso o di un bambino attraverso sistemi di ritenuta di porte e finestre (e a maggior ragione per rischio di eventi suicidari).

Invocare a sproposito, in questi casi, i principi costituzionali di autodeterminazione verso chi non è in grado di autodeterminarsi, nei confronti cioè di chi non è in grado di manifestare la propria volontà (un paziente demente, un paziente confuso, sotto l’influsso di farmaci che ne riducono enormemente la volontà) è un non senso.

La discussione professionale ha il dovere di individuare il corretto utilizzo dei mezzi, dei loro limiti, della finalità di preservare l’integrità fisica e, ancora prima, diritti e dignità della persona secondo quanto indicato dalla Corte di cassazione. Ed è quello che in questi decenni ha fatto adottando protocolli e regole deontologiche.

Quello da evitare e combattere con la maggiore forza possibile è l’abuso di tutti i mezzi di contenzione o il loro utilizzo pericoloso. La contenzione manuale – spesso erroneamente scambiata per la minor invasività – utilizzata dalle forze dell’ordine ha prodotto vittime: i casi di Andrea Soldi, Federico Aldrovrandi e Riccardo Magherini ne sono la tragica testimonianza.

Nel caso Magherini la Corte di cassazione ha assolto i carabinieri per avere effettuato una prolungata contenzione manuale di un fermato in posizione prona da cui la persona è deceduta per una “sindrome asfittica”. I carabinieri, ha sostenuto la Cassazione, non avevano la cultura per capire che tale posizione rendeva difficile la respirazione,

La stessa peculiare motivazione – l’ignoranza e l’impreparazione sugli effetti della contenzione – che aveva assolto gli infermieri in primo grado sul caso Mastrogiovanni a Vallo della Lucania. L’utilizzo dei mezzi di contenzione fuori dal perimetro indicato dalla Cassazione espone a vari e gravi reati chi la pone in essere.

  1. Ricordiamo, anche, che è vietato l’utilizzo di contenzione per imporre terapie a pazienti che la rifiutano come nel caso di Testimoni di Geova – in grado di dissentire – che rifiutano emotrasfusioni.
  2. La natura professionale e deontologica è strettamente finalizzata alla “funzione cautelare”.
  3. L’utilizzo di questo termine deriva dal linguaggio giuridico, mutuato non del tutto propriamente, dall’ambito processualistico o, più correttamente pre-processualistico ed è da intendere nel caso di specie come la preservazione dell’integrità fisica della persona assistita nel processo di cura.

L’ammissibilità della categoria della contenzione “terapeutica” La questione posta sembra provocatoria, ma non lo è. Vi sono contesti in cui la contenzione è terapia, o quanto meno, parte integrante dell’intervento terapeutico. Valga per tutti l’esempio dell’apparecchio gessato – o di altro materiale – utilizzato in ortopedia.

E’ una storica terapia utilizzata per sostenere e immobilizzare ossa e tessuti molli che hanno subito una lesione. Come tutte le contenzioni può essere più o meno invasiva (gesso intero, doccia gessata ecc.). Altra tipologia di contenzione terapeutica è data dalla immobilizzazione operata con la “barella cucchiaio” e con la “tavola spinale” che vengono utilizzate per immobilizzare e contenere i pazienti traumatizzati.

Altra tipologia di contenzione terapeutica – o comunque connessa all’intervento terapeutico – è la contenzione utilizzata in sala operatoria per gli interventi chirurgici. Il posizionamento e la messa in sicurezza del paziente da operare sono attività inscindibilli dall’intervento stesso.

  1. In questo caso vi è da lamentare la genericità delle check list ministeriali che indicano, nella fase c.d.
  2. Time out (i controlli da effettuare prima dell’incisione della cute), il mero “corretto posizionamento” laddove corretto è da intendersi anche come posizionamento in sicurezza.
  3. In questo caso la contenzione è parte integrante dell’intervento chirurgico.

I casi sopra riportati sono a titolo esemplificativo e se ne possono individuare altri. Nel caso della contenzione terapeutica, ovviamente, non valgono le regole della Cassazione relative al presupposto dello stato di necessità. E’ una contenzione che trova la sua liceità nella terapeuticità (apparecchio gessato) e nelle buone pratiche clinico-assistenziali (immobilizzazione tramite barelle) e nelle prassi per quanto riguarda la sala operatoria.

La questione superata della titolarità a disporre la contenzione Appare superata la questione relativa alla titolarità a disporre della contenzione fatta eccezione per quella farmacologica che rimane, nella fase prescrittiva, di stretta competenza medica Sempre nel perimetro indicato dalla Cassazione: contenere manualmente, applicare mezzi meccanici o indicare misure di restrizione ambientale non avendo natura terapeutica ma meramente cautelare può/deve essere indicata dal personale che ha in carico il paziente e assume la posizione di garanzia in seguito alla presa in carico.

A seconda delle circostanze può essere decisa dal medico, dall’infermiere, dall’operatore socio sanitario e dai caregivers domiciliari. In questo caso bisogna guardare più allo spirito che non alla lettera delle motivazioni della Cassazione. E’ la titolarità della posizione di garanzia che determina la decisione.

  • Fa ovviamente eccezione la contenzione terapeutica relativa al confezionamento dell’apparecchio gessato che richiede la prescrizione medica.
  • La classificazione della contenzione in relazione alla obbligatorietà/facoltatività A questo punto può essere utile classificare la contenzione a seconda della obbligatorietà/facoltatività possiamo distinguere: 1.

Una contenzione terapeutica/obbligatoria 2. Una contenzione necessitata; 3. Una contenzione illecita La contenzione obbligatoria si realizza, a titolo esemplificativo come sopra riportato, nel confezionamento di apparecchi gessati, nella immobilizzazione dei traumatizzati per il trasporto nelle ambulanze e in sale operatorie.

Sono misure contenzione che si palesano come obbligatorie e che sono parte integrante del trattamento stesso. La contenzione terapeutica/obbligatoria è nei fatti una contenzione ineliminabile. Il rifiuto del paziente a essere contenuto può determinare, nella stragrande maggioranza dei casi, l’impossibilità della prestazione per pericolosità della stessa.

La contenzione necessitata è relativa, per la contenzione fisica/meccanica, al perimetro indicato dalla Corte di cassazione con il puntuale richiamo all’articolo 54 del codice penale. Per interpretazione analogica dovremmo includere anche i casi di contenzione manuale e contenzione ambientale.

  • Decisamente più complicato e necessitante di un approfondimento a parte riguarda la contenzione farmacologica.
  • La contenzione illecita si realizza fuori dalle indicazioni della Cassazione, fuori dallo stato di necessità.
  • E’ illecita in quanto può essere immotivata ab initio, oppure mantenuta successivamente una volta finito lo stato di necessità, oppure applicata con mezzi sproporzionati o non adeguati ecc.

E’ illecita una contenzione che non sia eccezionale, che non abbia al centro i bisogni del paziente, che venga applicata solo per motivi di carenza di personale e quindi vicarianti le inefficienze della struttura e della sua organizzazione. Non è “assolutamente ammissibile”, è la stessa Cassazione a precisarlo, una contenzione applicata in “via precauzionale”, come non è ammissibile una contenzione che non sia temporanea.

Non è ammissibile neanche una contenzione con il consenso del paziente o, peggio ancora, dei suoi familiari. “L’esimente del consenso dell’avente diritto”, infatti (sono sempre parole della Cassazione), è rinvenibile solo quando vi sia un’obiettiva situazione che ha indotto in errore chi ha praticato la contenzione.

In altre parole, erano presenti elementi fattuali, che hanno fatto indicare come esistente un non realmente esistente stato di necessità. La contenzione illecita, ovunque praticata, ci riporta indietro agli orrori nefasti del sistema manicomiale, con l’aggravante che oggi rischia di essere praticata in ogni contesto di cura.

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A cosa servono gli elastici sulle stelline?

Apparecchio ortodontico fisso – Sono costituiti generalmente da attacchi in metallo o ceramica (questi ultimi sono poco visibili), applicati direttamente sugli elementi dentali per mezzo di resina adesiva e collegati fra loro da archi in sottile filo metallico.

  • Questi ultimi vengono sostituiti progressivamente durante la cura dall’ortodontista, esercitano le trazioni necessarie allo spostamento dei denti.
  • Gli apparecchi fissi, vestibolari esterni o linguali interni, possono essere applicati, modellati e rimossi unicamente dall’ortodontista.
  • Questo apparecchio serve per raddrizzare i denti e dare una corretta masticazione.

I suoi componenti principali sono:

  • brackets: piastrine incollate alla superficie esterna o interna dei denti;
  • bande: anelli che si posizionano attorno ai molari;
  • fili/archi: si inseriscono nei brackets e spostano i denti. Possono essere di diversi materiali ed esprimono forze diverse. La sostituzione e l’adattamento progressivo degli archi consentono i realizzare i movimenti dentali programmati;
  • moduli elastici: consentono al filo di rimanere all’interno del bracket;
  • elastici intermascellari: dovrai portarli per far ingranare correttamente i denti;
  • molle: si usano per allargare o chiudere gli spazi tra i denti.

L’apparecchio ortodontico fisso può essere portato per un periodo variabile da pochi mesi a qualche anno (secondo le indicazioni dell’ortodontista). Se si staccano gli attacchi è necessario contattare subito il proprio ortodontista. Nel caso gli attacchi creino delle piccole ferite/escoriazioni sulle labbra si consiglia di utilizzare la cera ortodontica.

É necessario pulire i denti dopo ogni pasto assicurandosi che non rimangano dei residui tra l’apparecchio e i denti. Dopo il posizionamento dell’apparecchiatura ci potrebbe essere fastidio/dolore e qualche difficoltà a parlare e a mangiare. É normale, dopo un periodo di adattamento individuale (settimane) questi problemi passeranno.

Si consiglia di evitare cibi troppo duri che potrebbero causare il distacco dei brackets. Il distacco di un pezzo dell’apparecchiatura potrebbe causare fastidio o lacerazioni alle labbra o alla lingua. In tal caso chiama l’ortodontista e chiedi una visita il prima possibile. Retainer Denti A Cosa Serve Apparecchio ortodontico fisso con attacchi estetici (arcata superiore) e attacchi metallici (arcata inferiore). Nel caso in cui l’ortodontista decida di applicare delle bande (ossia degli anelli metallici) intorno ai denti posteriori (molari definitivi o molaretti da latte) può essere utile applicare davanti e dietro ai molari dei piccoli elastici separatori.

Questi elastici vengono inseriti 1-2 giorni prima della visita con l’ortodontista e garantiscono l’apertura di un piccolo spazio che garantirà un più semplice inserimento delle bande metalliche. Questi elastici servono a correggere la chiusura della tua bocca e sono un mezzo indispensabile per ottenere una buona occlusione dei denti.

Devono essere portati secondo le indicazioni fornite e sostituiti ogni 12 ore circa o secondo le indicazioni del medico. Gli elastici per il giorno vanno messi la mattina subito dopo aver lavato i denti. Vanno tolti e messi da parte quando si mangia e messi nuovamente dopo aver lavato i denti.

  1. Per garantire la giusta trazione, gli elastici devono essere cambiati ogni 12 ore.
  2. Ogni volta che l’elastico viene agganciato sentirai una tensione ai denti che tenderà a svanire nei minuti successivi.
  3. Appena agganci gli elastici ti sembrerà di non riuscire ad aprire la bocca, anche questa condizione migliorerà con il passare dei minuti.

Se si dovesse avvertire dolore o fastidi eccessivi, soprattutto all’articolazione temporo-mandibolare, vicino all’orecchio, sospendi l’uso degli elastici e contatta l’ortodontista. Per ottenere un ottimo risultato e per terminare entro i tempi stabiliti la terapia ortodontica è necessario portare sempre gli elastici secondo le indicazioni dell’ortodontista.

  1. Nel caso si sospendese l’uso degli elastici per alcuni giorni è possibile che i denti tornino rapidamente nella posizione sbagliata.
  2. Per applicare gli elastici nei primi giorni è necessaria molta pazienza.
  3. Può essere utile esercitarsi davanti allo specchio per capire doce e come agganciarli.
  4. Dopo pochi giorni si sarà in grado di inserirli ad occhi chiusi, senza lo specchio e senza perdere tempo.

Amplia le vie aeree superiori, migliorando la respirazione attraverso il naso. L’apparecchio è incollato ai denti: così funziona 24 ore su 24. Viene fornita una chiavetta per l’attivazione dell’apparecchio. Va conservata in un luogo sicuro di modo da non perderla.

  • Si raccomanda di eseguire l’esatto numero di giri prescritti dall’ortodontista (non superare mai il numero massimo).
  • Ad ogni giro si potrebbe sentire un po’ di tensione ai denti e sul naso: passa in fretta.
  • Quando si effettuano i giri la chiavetta va impugnata con decisione o legata con un pezzo di filo interdentale al dito.

I primi giorni può sembrare di parlare e di deglutire con difficoltà: è normale, in pochi giorni tornerà tutto come prima. Si consiglia di lavare bene i denti e si eseguire degli sciacqui energici con l’acqua, in modo da mantenere pulito l’apparecchio e rimuovere i resti di cibo che possono incastrarsi sotto l’apparecchio.

  • Se durante l’attivazione si crea un piccolo spazio tra i denti anteriori, non c’è da preoccuparsi: significa che l’apparecchio sta funzionando nel modo corretto.
  • Lo spazio si chiuderà da solo.
  • Si consiglia di evitare i cibi particolarmente duri (es.
  • Torrone) o appiccicosi (caramelle, chewing-gum): possono scementare l’apparecchio.

Questo apparecchio funzionale viene utilizzato nei giovani pazienti con una malocclusione di seconda classe (mandibola posizionata più indietro della mascella) per stimolare una crescita postero-anteriore della mandibola. E’ un apparecchio rimovibile, da portare per almeno 14 ore al giorno e consta di una parte superiore e di una inferiore.

Il momento migliore per l’utilizzo di questo apparecchio è durante il picco di crescita puberale. Si tratta di un apparecchio distalizzante. Viene applicato sull’arcata mascellare e consente lo spostamento distale (ossia verso l’indietro) dei molari definitivi dell’arcata superiore. Mantenuto in sede per alcuni mesi consente il ripristino di una adeguata chiave di occlusione molare di classe I.

Durante questi mesi il paziente potrebbe dover portare degli elastici inermascellari per minimizzare la perdita di ancoraggio ossia lo spostamento non voluto dei denti anteriori. Questo apparecchio serve a stimolare la crescita della mascella superiore.

  1. La maschera deve essere portata tutti i giorni per il numero di ore stabilito dal’ortodontista, tutta la notte e anche qualche ora di pomeriggio quando si è in casa, cercando il più possibile di non saltare nessun giorno.
  2. Gli elastici vanno agganciati prima nei gancetti presenti nell’apparecchio che si ha in bocca e poi nella maschera, nella modalità indicata (dritti o incrociati).

In questo modo l’apparecchio intraorale sarà soggetto ad una maggiore sollecitazione. É importante non giocarci con le dita o con altri oggetti (es. penne o matite) per evitare di romperlo o di farlo staccare. Gli elastici esercitano una forza che può provocare una sensazione di tensione, non ci si deve preoccupare, scomparirà in poco tempo.

  1. É importante non rimanere mai senza elastici, che vanno cambiati ogni giorno.
  2. Il supporto mentoniero e quello sulla fronte potrebbero provocare arrossamenti o screpolature della pelle, soprattutto d’estate, se succede è opportuno rivestirli con del tessuto morbido (es.
  3. Pelle di daino).
  4. Infine, è importante riportare la maschera di delaire ad ogni controllo.

Apparecchio fisso che consta di due anelli metallici applicati sui molari inferiori solidarizzati da un filo metallico che passa dietro ai denti dell’arcata inferiorie (posteriormente alla superficie linguale dei denti). Si utilizza per mantenere la lunghezza d’arcata durante la fase di permuta dei denti.

Può essere portato per molti mesi, ma risulta non visibile e facile da pulire. É un piccolo filo metallico che viene incollato sulla superficie interna di alcuni denti dopo la rimozione dell’apparecchio. e si utilizza spesso in sostituzione o in abbinamento ad apparecchi removibili. Per essere certi che i denti non si spostino, si dovrà portare questa contenzione per qualche anno, in seguito potrà essere eventualmente sostituita da una placchetta o mascherina removibile.

É importante mantenere la contenzione fissa pulita passando lo spazzolino sulla superficie interna dei denti, senza avere paura di staccare il filo metallico. Si consiglia di utilizzare anche il collutorio e il filo interdentale o lo scovolino così come da istruzioni dell’ortodontista e/o dell’igienista. Retainer Denti A Cosa Serve Si consiglia di eseguire una seduta d’igiene professionale almeno due volte l’anno dopo aver rimosso l’apparecchio ortodontico fisso. Se il filo si stacca o da fastidio si consiglia di contattare immediatamente l’ortodontista. Anche in pochi giorni i denti potrebbero spostarsi.

Se si nota che i denti si stanno spostando, nonostante il filo metallico sia ben incollato ai denti, contattare subito l’ortodontista, potrebbe essere necessario rimuovere il filo e incollarne uno nuovo. Questo apparecchio serve a mantenere i denti dritti una volta rimosso l’apparecchio ortodontico fisso.

I denti hanno una normale tendenza a spostarsi dopo la rimozione dell’apparecchio fisso in quanto il tessuto osseo attorno agli stessi si deve stabilizzare. Per ovviare a questo inconveniente è necessario indossare un apparecchio di contenzione che garantirà la corretta posizione dei denti.

  • Perché questo apparecchio funzioni è assolutamente necessario portarlo secondo le indicazioni fornite dall’ortodontista.
  • Per i primi sei mesi è necessario portarlo togliendolo solo per mangiare e lavare i denti.
  • Dopo i primi sei mesi solo di notte.
  • Se l’apparecchio non viene utilizzato, i denti potranno spostarsi e l’apparecchio dopo qualche giorno potrebbe non calzare più in bocca.

In questo caso è necessario contattare l’ortodontista per rifare un nuovo apparecchio di contenzione. All’inizio sembrerà di parlare con difficoltà e la salivazione potrebbe aumentare, non c’è da preoccuparsi, passerà in fretta. L’apparecchio va sempre conservato nella scatola consegnata dall’ortodontista, è il modo migliore per non perderlo e non rovinarlo.

A cosa servono gli elastici laterali dell’apparecchio?

Al paziente in trattamento ortodontico, al fine di ottenere un ottimo risultato nei tempi programmati, potrebbe essere richiesto l’utilizzo di particolari ausiliari: gli elastici ortodontici. Si tratta di piccoli cerchietti da applicare in alcuni gancetti dell’apparecchio, Retainer Denti A Cosa Serve

Quando si mette l’apparecchio esterno?

Questa tipologia di apparecchio viene utilizzato in tutti quei casi di malocclusioni gravi e disallineamenti dentali importanti. Utilizzato soprattutto per la correzione di malocclusioni dentali di II e III classe.

A cosa servono gli elastici per Invisalign?

Gli elastici – Retainer Denti A Cosa Serve In alcuni casi è necessario l’utilizzo di elementi ausiliari per il raggiungimento di una perfetta occlusione. Gli elastici Invisalign® sono delle strisce elastiche che forzano gradualmente, attraverso leggeri movimenti, la posizione dei denti, In questo modo i denti vengono condotti nella posizione corretta all’interno dell’arcata.

  • Si tratta di un plus che consente di compiere una serie di movimenti che le mascherine, da sole, non potrebbero mai riuscire a realizzare.
  • Gli elastici, generalmente, vengono posizionati tra i canini superiori e i premolari inferiori,
  • Inizialmente si potrebbe avvertire un certo fastidio che, però, diminuirà con il passare dei giorni.

Perché il trattamento sia efficace si dovranno indossare gli elastici per almeno 20 ore al giorno; pertanto, si consiglia di togliere le mascherine unicamente durante i pasti e il lavaggio dei denti.